Io non lo sopporto di litigare con mio padre. Davvero. Eppure è una cosa che pare ricorra a scadenze regolari. Parlare con lui è come parlare con un commercialista che ogni volta fa un bilancio dei miei debiti, di come spendo i miei soldi e il mio tempo, dei miei fallimenti, delle delusioni che puntualmente pare io sia capace di dargli. Io, per lui, sono un fallimento su tutta la linea, e il mio fidanzato è passato ufficialmente da “quello” a “quel coso laggiù in culo al mondo”. Facciamo passi da gigante.
Io che entro in casa piangendo e urlando "basta, mi sono rotte le palle, me ne vado". Mia mamma che guarda un film visto centinaia di volte che mi dice "hai litigato col babbo?". Certo, che altro. La la sua faccia che, con le lacrime agli occhi, mi dice "se te ne vai mi dispiace per motivi miei, ma io voglio che tu sia felice". Quella non me la scollerò più dagli occhi. E mi viene, cazzo, a volte mi viene il dubbio che sia tutta un'assurdità, che non posso farcela, che nonostante io abbia sempre pensato il contrario l'idea di dover abbandonare mia madre è la cosa che più mi fa male in assoluto. E che sarebbe stato tutto più facile se fossi rimasta esattamente lì dove stavo, con un uomo che ha bisogno di una mamma più che di una fidanzata, certo forse meno maturo, meno stabile, meno un sacco di cose, ma dannatamente più facile. E si ok, sono discorsi del cazzo, perchè alla fine sono estremamente più felice e più serena adesso, e penso in fondo che sarebbe l'ora di togliermi dalle palle e lasciare certe persone a cuocersi nel loro brodo, ma è tutto dannatamente difficile, incerto, e spaventoso. E' difficile da descrivere, ma assomiglia molto a un masso che schiaccia esattamente il centro del petto, che toglie lucidità alla mente, freschezza alle parole, a volte gioia all'amore.
E io, che di solito affronto il cambiamento in maniera positiva, questa volta mi ritrovo a combattere con tante domande.