Just Me, Myself and I

Dei dubbi e dei vaffanculo

Postato il 30 Giugno 2011 in Just Me, Myself and I

Io non lo sopporto di litigare con mio padre. Davvero. Eppure è una cosa che pare ricorra a scadenze regolari. Parlare con lui è come parlare con un commercialista che ogni volta fa un bilancio dei miei debiti, di come spendo i miei soldi e il mio tempo, dei miei fallimenti, delle delusioni che puntualmente pare io sia capace di dargli. Io, per lui, sono un fallimento su tutta la linea, e il mio fidanzato è passato ufficialmente da “quello” a “quel coso laggiù in culo al mondo”. Facciamo passi da gigante.

Io che entro in casa piangendo e urlando "basta, mi sono rotte le palle, me ne vado". Mia mamma che guarda un film visto centinaia di volte che mi dice "hai litigato col babbo?". Certo, che altro.  La la sua faccia che, con le lacrime agli occhi, mi dice "se te ne vai mi dispiace per motivi miei, ma io voglio che tu sia felice". Quella non me la scollerò più dagli occhi. E mi viene, cazzo, a volte mi viene il dubbio che sia tutta un'assurdità, che non posso farcela, che nonostante io abbia sempre pensato il contrario l'idea di dover abbandonare mia madre è la cosa che più mi fa male in assoluto. E che sarebbe stato tutto più facile se fossi rimasta esattamente lì dove stavo, con un uomo che ha bisogno di una mamma più che di una fidanzata, certo forse meno maturo, meno stabile, meno un sacco di cose, ma dannatamente più facile. E si ok, sono discorsi del cazzo, perchè alla fine sono estremamente più felice e più serena adesso, e penso in fondo che sarebbe l'ora di togliermi dalle palle e lasciare certe persone a cuocersi nel loro brodo, ma è tutto dannatamente difficile, incerto, e spaventoso. E' difficile da descrivere, ma assomiglia molto a un masso che schiaccia esattamente il centro del petto, che toglie lucidità alla mente, freschezza alle parole, a volte gioia all'amore.

E io, che di solito affronto il cambiamento in maniera positiva, questa volta mi ritrovo a combattere con tante domande. 

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Del fallimento

Postato il 13 Aprile 2011 in Just Me, Myself and I

[fal-li-mén-to]
s.m.
1. Azione e risultato del fallire; insuccesso
2. Cosa o persona che è motivo di delusione

Fallimento è lo sguardo deluso di tua madre quando le dici che forse andrai controcorrente e emigrerai al sud per stare con la persona che ami. E con gli stessi occhi ti dice "vai all'estero", e tu cazzo se vorresti andarci, e sfondare, e mandare in culo tutto, ma non puoi. Fallimento è la triste consapevolezza che anche questo mese i soldi neanche coprono le spese del tuo lavoro. Fallimento è la frustrazione di aver sempre creduto che saresti diventato qualcuno, perchè cazzo hai le potenzialità, l'intelligenza, la capacità, e invece sei lì a lottare per un posto in decima fila. Fallimento è amare il proprio lavoro e odiarlo perchè va nella strada opposta e qulla che dovrebbe prendere. Fallimento è non riuscire ad avere un rapporto decente con tuo padre. Fallimento è non voler ammettere il fallimento, dissimulare, fare credere che sai che in un modo o in un altro le cose miglioreranno, perchè nessuno vorrebbe un figlio, un amico, un amore che si sente fallito.

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Degli ‘e niente’.

Postato il 24 Febbraio 2011 in Just Me, Myself and I

No, niente, è che stasera mi è un po’ venuto da pensare al come mai non ci scrivo più, su questo blog, che è un mese e mezzo che non ci scrivo e mi dispiace anche un pochino, eh.

Allora boh, mi son detta, chissà: sarà che è un periodo che sto un po’ a corto d’ironie, che ho qualche difficoltà a prendermi per il culo come facevo prima e invece da queste parti è condizione sine qua non; oppure potrebbe anche essere che non sono abbastanza disperata, che io, non so se si notava questa cosa della disperazione, questo blog l’ho costruito sulle mie disperazioni, e anche per questo gli voglio tutto questo bene da dispiacermi se non mi riesce scriverci più, e ora che ci penso mi sembra una cosa bellissima, questa: bellissima. (non bellissimo che non son più disperata, eh, che guardate anche la disperazione ha i suoi lati positivi, a volte; intendevo bellissimo il fatto che era un blog costruito sulle disperazioni, ecco).

E insomma di preciso non saprei.

Magari è solo che i blog (e questa cosa mi pare che l’ho già scritta da qualche parte non mi ricordo dove quindi vuol dire che mi sembra giustissima) dopo un po’ prendono una loro personalità autonoma che non gliela stacchi più di dosso, non c’è niente da fare, e va benissimo finché restate amici, te e il tuo blog, ma se fai tanto di avere un momento peregrino lui, il blog, ti butta fuori e ti urla dietro "Torna quando ti riconosco!". E che ci vuoi fare? Allora io non lo so come faccia la maggior parte di voi là fuori a restare sempre amici coi vostri blog, anno dopo anno, coerenti nei toni e negli intenti. Io, esser la stessa me stessa per più di qualche mese, ci sono ventisette anni e mezzo di vita vissuta che son lì a testimoniare che non ce la farò mai mai mai. Punto.

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Delle cose felici

Postato il 16 Gennaio 2011 in Just Me, Myself and I

Cose felici che voglio ricordarmi di mio nonno:

I racconti di quando faceva le corse in auto e i racconti di quando era un giovane balilla, le radiocronache che faceva mentre mi portava alle scuole elementari con il 'rettilineo antistante l'asilo' e 'curva e controcurva', i canti un pò sguaiati quando era un pò alticcio ai pranzi di natale, ogni santa volta che è venuto a ripescarmi perchè avevo perso l'autobus / il treno / ero rimasta ferma col motorino o con la macchina, il sorriso che aveva sempre stampato sul viso, i racconti di quando faceva il rappresentate, le casse delle penne 'Bonomelli' (penso ce ne siano ancora un paio di scatoloni in garage), il giorno che ho trovato la sua dentiera in bagno e mi sono messa a strillare, l'orgoglio che aveva per me e per il mio lavoro, le decine di giornali che ha comprato per farmi vincere il concorso delle vetrine, tutte le persone che ha aiutato tramite il centro anziani, il suo buonumore, i trucchi che mi spiegava per tenersi buone le persone utili, il bene che ha sempre voluto a mia nonna, il suo amore per la bicicletta e le girate che facevamo insieme d'estate, il pezzettino di formaggio (anzi, di cacio) che mi portava ogni sera prima di cena, la volta che abbiamo fatto il conto dei kilometri che aveva fatto lavorando ed è venuto fuori che poteva essere andato sulla luna due volte, l'allegria che trasmetteva alla gente, il suo saperci fare con tutti, i "carissimo/a" quando rispondeva al telefono e non si ricordava il nome, il suo essere stato in grado di tenere unita la famiglia e di crescere due figli meravigliosi, e tante, tante altre cose. Felici però.

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Degli insegnamenti della morte

Postato il 9 Gennaio 2011 in Just Me, Myself and I

Il nonno ci ha lasciati stamattina. Le infermiere ci hanno permesso di salutarlo e hanno permesso a mamma di poter essere lei a togliergli i tubi.

Dalla morte si impara che al contrario della gioia il dolore è un sentimento profondo, insidioso, persistente. Si impara che il dolore porta dolore, ma che preoccuparsi del dolore altrui aiuta e lenire il proprio. Si impara che 'cassa' fa meno paura di 'bara', e che 'condoglianze' è una parola vuota ed inutile. Che per quanto uno provi a preparasi, non si è mai pronti.
Oggi ho visto per la prima volta mia madre e mio padre abbracciarsi dopo 22 anni. E così dalla morte si impara che ci vorrebbe tanto poco a volersi bene. Si impara che c'è sempre qualcosa che avresti voluto dire e non hai detto. Si impara che le persone inopportune rimangono inopportune sempre. Che siamo gli unici animali sulla terra a piangere. Che la solitudine fa paura. Che i ricordi a volte sbucano da angoli che neanche ti aspettavi. Che il silenzio è brutto.

Dalla morte si impara a credere nel paradiso anche se non ci credi. Quindi buon viaggio nonno, dovunque tu stia andando.

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